Noi esseri umani siamo naturalmente programmati per adattarci al meglio all'ambiente in cui viviamo e per stare bene. Per questo, riusciamo a fare inconsciamente molte delle cose che facciamo consciamente (per un approfondimento vedi https://www.counselling-cmt.it/home/articoli/l-inconscio-esiste-e-ha-un-funzionamento-sofisticato-e-adattivo/). Tra queste, la capacità di svolgere delle azioni con l'intenzione (inconscia) di mettere alla prova la validità delle credenze patogene, quelle che ci fanno soffrire. Le credenze patogene sono espressione del tentativo (sano) di padroneggiare i traumi precoci, quelli da cui abbiamo appreso che dovevamo rinunciare a un obiettivo sano e piacevole (per es. uscire con gli amici) per non mettere in pericolo noi stessi (per es. esporci a sentimenti di umiliazione), le persone care (per es. deluderle) e/o il rapporto con loro (per es. perderle). In origine, queste credenze sono adattive perché da piccoli siamo estremamente dipendenti da chi si prende cura di noi e – non potendo cambiare il comportamento dei nostri genitori né andare alla ricerca di genitori più amorevoli e rispettosi dei nostri bisogni – cerchiamo di fare di tutto per salvaguardare le persone e i rapporti più importanti: tutto ciò è sano e adattivo. Tuttavia, da adulti, queste credenze diventano disadattive perché funzionano in modo inconscio, ci impediscono di preservare i nostri bisogni e i nostri desideri – allontanandoci e difendendoci da chi non li rispetta (cosa che adesso potremmo fare) – , si generalizzano a tutte le relazioni e causano sofferenza. Per questo, noi esseri umani - naturalmente programmati ad adattarci e a stare bene - mettiamo in atto delle azioni con l'intenzione (inconscia) di verificare se e in che misura le credenze patogene ci proteggono da pericoli sono ancora reali o se possiamo abbandonarle. In altre parole, facciamo dei veri e propri test agli altri nella speranza che la loro risposta si discosti da quella prevista dalle credenze patogene. Facciamo un esempio. Quando eravamo piccoli nostra madre reagiva con critiche e svalutazioni ogni volta che provavamo a esprimere un parere diverso dal suo. Queste esperienze, ripetute nel tempo, ci hanno portato a pensare che "se esprimessimo un pensiero diverso da quello degli altri, verremmo criticati e svalutati". Questa credenza patogena ci fa soffrire perché inibisce, reprime e blocca del tutto l'espressione del nostro pensiero. Così ci impegniamo (inconsciamente) a verificare se e in che misura anche gli altri, come nostra madre, ci criticano o ci svalutano quando diciamo la nostra. Possiamo verificarlo osservando il comportamento degli altri, in particolare di quelli che esprimono con decisione il loro pensiero e focalizzando la nostra attenzione sulle conseguenze che questo atteggiamento ha per loro; non esprimendo il nostro pensiero nella speranza che l'altro ci incoraggi a farlo o esprimendolo con decisione nella speranza che l'altro non ci critichi e non ci svaluti; comportandoci come nostra madre, ossia criticando e svalutando chi esprime un pensiero diverso dal nostro, nella speranza che l'altro lo difenda con forza invece di inibirlo come avevamo fatto noi, oppure comportandoci in modo opposto, ossia incoraggiando l'altro a esprimere il suo pensiero, nella speranza che l'altro ne tragga beneficio. Così, se siamo fortunati, l'altro, con il suo comportamento, disconfermerà inconsciamente le nostre credenze patogene, se non lo siamo, le confermerà. Uno psicologo può aiutarti a conoscere le credenze patogene che sono alla base dei sintomi, delle inibizioni e dei comportamenti disfunzionali che compromettono il tuo benessere, a diventare consapevole dei modi attraverso cui le metti alla prova nel rapporto con gli altri, e, infine, a superarle senza affidarti alla fortuna. Metti in discussione le tue credenze patogene, e riprendi in mano la tua felicità!
Dott.ssa Federica Genova