Immaginiamo per un attimo di trovarci in autobus, di ritorno dal lavoro, in compagnia di un nostro collega quando, tutt'a un tratto, l'autobus si ferma in mezzo alla strada. Dopo vari tentativi infruttuosi l'autista avvisa i passeggeri. Nulla da fare, il mezzo è guasto, bisogna aspettare il prossimo autobus. Entrambi siamo stanchi, abbiamo lavorato tutto il giorno e non vediamo l'ora di tornare a casa. Noi reagiamo con nervosismo, iniziamo a pensare che capitano tutte a noi, a lamentarci e a scrivere un sms lungo come la lista della spesa in cui elenchiamo alla nostra partner tutte le disgrazie della giornata per avvisarla del nostro ritardo. Dall'altra parte lui, il nostro collega, che scoppia in una gran risata, chiama la partner per avvisarla del ritardo e le racconta, divertito, l'episodio. Lo guardiamo come un alieno. Come fa a reagire così? Sicuramente, pensiamo, lui ha una vita più facile della nostra. O forse no, forse lui vede il bicchiere mezzo pieno! La metafora del bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto descrive un atteggiamento globale nei confronti della vita che, in linea generale, si caratterizza dal prevalere della negatività sulla positività (o viceversa) e che incide più di quanto si pensi sui livelli di benessere, felicità e soddisfazione personali. Chi vede il bicchiere sempre mezzo vuoto tende a focalizzarsi sugli aspetti negativi delle situazioni, a concentrare l'attenzione su ciò che manca anziché su ciò che c'è e a pensare o a fantasticare, più o meno consciamente, l'esistenza di un mondo ideale e perfetto in cui gli altri conducono una vita più soddisfacente, più felice, più serena. Semplicemente una vita con qualcosa in più a cui non si può accedere a causa di forze maggiori. Questo si traduce nella tendenza a reagire agli imprevisti e alle difficoltà con emozioni negative sproporzionate rispetto all'entità dell'ostacolo su cui, inevitabilmente, ci imbattiamo nella vita di tutti i giorni, a lamentarsi per la propria condizione e per tutto ciò che si discosta dalle proprie aspettative, a rimpiangere un passato migliore che mai più tornerà e/o a vivere nell'attesa di un dopo in cui le cose si sistemeranno, poi regolarmente guastato da qualcosa che non va per il verso giusto. Ciò che non cambia è la profonda insoddisfazione di base che permea il presente e che tende a persistere anche quando non c'è nulla attorno a noi che possa giustificarlo. In genere, questo stato mentale deriva da credenze patogene irrazionali che si formano durante l'infanzia nel tentativo di fronteggiare esperienze relazionali traumatiche in cui abbiamo pensato che essere più felici, soddisfatti, sereni e appagati di qualcuno per noi importante rappresentava un pericolo, ed è sostenuto da identificazioni (inconsce) con figure di riferimento stabilmente infelici, depresse, insoddisfatte e/o pessimiste. Rivolgerti a uno psicologo può aiutarti a capire perché tu, a differenza di quel collega, vedi sempre il bicchiere mezzo vuoto e perché, per quanto ci provi, non riesci mai a riempirlo.
Dott.ssa Federica Genova